 |
100 anni di Remy a Napoli |
Il gelato è certamente un’eccellenza
italiana, fatta però di intuizioni geniali in cui Napoli ha un posto d’onore:
molti anniversari di questa arte si festeggiano nel 2019. Una delle più antiche
gelaterie artigiane della città, inizia la sua storia con la latteria aperta
nel 1919 a Porta Capuana dai marchigiani Vincenzo e Anna Corradini. Nel 1954 il
figlio Benvenuto Remo, in via Galiani alla Torretta, apre Remy Gelo: questa storica gelateria è nella memoria
collettiva di ogni napoletano vivente. Prossima alla Villa Comunale, grazie
alla qualità dei suoi prodotti è sulle riviste di tutta Italia negli anni ’70,
e ascende nel decennio successivo alla presidenza del Comitato Nazionale per la difesa e la diffusione del Gelato
Artigianale. Nel 2017 è l’unica gelateria partenopea citata dal Gambero Rosso.
La riapertura di Remy , col nome di Remy 1919 è avvenuta in questi giorni a cento anni dalla
fondazione, grazie agli eredi Corradini e soci che hanno rilevato e rilanciato
il marchio storico.
 |
Gelati Corradini, Porta Capuana |
Ghiacciare bibite zuccherate, estratti
di frutta e vino, era uso a Pompei anche sotto forma di medicamento grazie alle
teorie di Asclepiade di Bitinia, ma fu il Rinascimento a Firenze a dare la
svolta: alla corte di Cosimo I e della moglie napoletana Eleonora di Toledo,
l’architetto Bernardo Buontalenti aggiunge il latte e l’uovo nella ricetta
della crema fiorentina che viene servita a Carlo V. E’ la nascita ufficiale del
gelato nel 1559.
 |
Remy Gelo anni '70, Torretta |
Alla corte di Napoli, Antonio
Latini a metà del 1600, scrive il primo manuale sui sorbetti che prevede già
l’uso del latte: dunque un proto-gelato. E’ il Settecento il secolo del gelato
a Napoli: il medico napoletano Filippo Baldini scrive sulle proprietà
terapeutiche dei sorbetti e pochi anni dopo
Vincenzo Corrado ne
“Il Credenziere di buon gusto”, parla dei sorbetti e
dell’ “uso grandissimo che se ne fa,
particolarmente nella nostra Napoli, che per ogni dove se ne vendono
agghiacciati e congelati”. Impazzano a Napoli sorbetti al latte all’Inglese,
al latte pistacchiato, al caffè con latte e soprattutto al torrone, che include
i tuorli d’uovo, e il butirato con aggiunta di uova e burro. Dalla
Sicilia del Regno, parte per Parigi quel
Francesco Procopio dei Coltelli che
apre il
Cafè Procope e stupisce la
Francia intera facendo conoscere il gelato in pubblico esercizio, poiché
Maria
e Caterina de’ Medici lo avevano riservato solo alla corte. Trai prodotti che
ruotano intorno alla famiglia del gelato, Napoli è sempre stata la capitale di
ardite sperimentazioni:
scrive di “spumoni, metà crema e metà gelato, di tutte
le mescolanze, crema e cioccolatte, mandarino e poncio, crema e pistacchio,
crema e fragola, lattemiele e fragola. Agli spumoni, adorazione delle donne e
dei ragazzi, succedevano le gramolate di pesca, le gramolate di amarena, le
granite di limone e di caffè …”.
 |
Renè Burri, gelataio a Napoli 1956 |
Ma la più grande rivoluzione
partenopea nel gelato è quella di averlo trasformato in alimento da passeggio: dalla
città che vive per le strade, parte per Torino
Domenico Pepino che inventa il
Pinguino, il primo gelato allo stecco di crema e cioccolato, brevettato
definitivamente nel 1939.
cremolate,
pezziduri e coviglie: prima Domenico Modugno e poi Renato Carosone cantano Io, mammeta e tu (1955):
«Jamm'o bar 'o
Chiatamone, vuo' 'o cuppetto o vuo' 'o spumone?». Totò in Miseria e Nobiltà, spilucca
allegramente nei gelati degli altri quale segno di nobiltà e a duecento
anni dall’Infinito, a forza di gelati e sorbetti ‘Zi Pinto alla Carità -ovvero
Vito Pinto col suo caffè-
divenne
ricchissimo e fu fatto barone dai Borbone, ma ancor di più venne incoronato dai
versi tra la “Villa reale, Toledo, e
l’arte” da un grande amatore del gelato napoletano: Giacomo Leopardi.
Commenti
Posta un commento