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Visualizzazione dei post da 2014

Dal caffè sospeso al caffè crossing: l'abbiamo inventato a Napoli

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Camminando per via dei Tribunali in questi giorni, avrete notato che il bar del Generale o Diaz, ha esposto due cartelli e una lista (meno visibile). Avevo già scritto in proposito della "cultura del sospendere" come atto di rivolta dove " una lunga matrice filosofica,  nelle radici della parola greca yps (su, sopra) e un Sanscrito forse, di spand-par : tremare, nel senso di agitare. Sospendere dunque, è un atto fortemente sovversivo delle regole e non così pacifico: un agitare sopra, se leggo in Latino. Molto più che un atto solidale: lo compie il popolo l'atto del sospendere, e il singolo individuo; lo fa silenziosamente dal basso verso l'alto, incrinando i rapporti tra le cose" L' "acino di fuoco" (Riccardo Pazzaglia) era un esempio: quando in un cortile a Napoli, qualcuno aveva acceso il fuoco, su una paletta era disposto a dare un tizzone ardente al suo vicino che non l'aveva acceso: gli passava un "acino di fuoco"; co

1478: quella Madonna alla moda della natività Recco di Napoli

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Nella splendida chiesa rinascimentale di San Giovanni a Carbonara ,  la cappella della famiglia Recco o della Natività del Signore, fu fondata nel 1423 da Giosuè Recco, maggiordomo della Regina Giovanna II. Giosuè Recco “ fu molto caro al re Ladislao, e poi fu siniscalco della Regna Giovanna II” e fu dunque membro di quelle famiglie nobili che vollero assicurarsi un posto di rilievo e rappresentativo, specialmente negli anni in cui entrava in contatto imparentandosi con la nobile famiglia Sersale  (1426), nella chiesa che i Durazzo-d’Angiò andavano ideando come pantheon di famiglia. Nella Cappella Recco, fu custodito fin dagli anni della sua realizzazione e sempre, il gruppo scultoreo della natività, in origine un quadro grandioso composto da 42 esemplari  eseguito da  Pietro Alemanno  con la collaborazione del  figlio Giovanni (1478-1484) : i due ebanisti venivano forse da  Ulm , nella Germania sud-occidentale e provenivano da una cultura alimentata dal gusto e dall'e

La terra del Vesuvio nel sangue, come vino (tenuta Sorrentino)

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L’inizio dei vini Sorrentino parte con Benigna di Terzigno, che aveva maledetto la terra avendone dovuta lavorare tanta, troppa: Benigna la mamma di Paolo Sorrentino, l’attuale titolare, voleva sposarsi un metalmeccanico per non pensare più alla terra e alle sue fatiche e così fece.Voleva stare tranquilla e siccome a 18-20 anni la schiena se l’era spaccata ben bene, aveva detto basta con la terra. A un certo punto però, un piccolo pezzettino di terra che Benigna ha in famiglia, quel pezzo primitivo dell’attuale tenuta, lo vede in balia di amministratori avidi e non ce la fa più: si rimette a lavorare la terra. Più o meno intorno agli anni ‘70, Benigna si riprende altra terra e la sua radice e il resto è una storia di un figlio, Paolo Sorrentino, che raccoglie l’amore della mamma e lo prosegue. Questa piccola storia assomiglia alla grande storia dell’Italia, che ripudia le fatiche della terra e poi, accortamente, ci ripensa: menomale che Benigna la terra ce l’aveva nel sangue. All’in

Di Mater in Mater : la materia nera e potente della vita (Giovanni Izzo a Capua)

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Nel 1845 Carlo Patturelli durante lavori edilizi rinveniva un antico santuario appena fuori le mura a Capua: tutto fu interrato immediatamente o peggio, in parte distrutto per la paura di perdere  terreni. Una storia tragica di avidità collettiva che segnerà ripetutramente e non solo a Capua, l’incapacità del cittadino italiano di comprendere la sua millenaria storia... Fatto sta che nel 1873 la fame antiquaria, suggerì al Patturelli di riprendere la ricerca questa volta per vendere i pezzi migliori: e così le Madri vendute finirono a Copenhagen, Berlino, Villa Giulia, Napoli e Santa Maria Capua Vetere. Nulla di nuovo sotto il sole: tutta l’Europa e l’America e il collezionismo privato, veniva a rifornirsi da noi, e noi ci lasciavamo spolpare per trenta denari. Dopo un secolo di oblio sulla cosa, la cui nota positiva è che il nome di Capua e delle sue madri è conosciuto in tutto il mondo,  nel 1995 finalmente, si riprese l’indagine di un contesto fortemente sconvolto dagli avvenime

Limatola, l'esperimento del castello incantato e dei suoi cadeaux

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“Cadeaux al castello” è ormai alla quinta edizione: si svolge dentro al castello di Limatola  restaurato e inaugurato dal 2010. L’antico maniero della città del “limo” lungo il percorso del Volturno,  si presenta come una manifestazione sempre più articolata e complessa: il luogo ideale per fare un regalo natalizio di qualità. Restaurato con fondi privati da Stefano Sgueglia e famiglia, la struttura è stata pensata come una dimora storica di alto charme per matrimoni, cerimonie, meeting, hotel con 15 stanze deluxe e ovviamente eventi. In particolare Cadeaux al castello , con le 100.000 presenze dell’anno scorso può fregiarsi di essere tra le più grandi e importanti manifestazioni natalizie in Campania. La presenza di settori di alto artigianato italiano e campano, è divisa in : scultura,  pittura, sete di San Leucio, mestieri ed arti medievali, antiquariato e restauro, oggettistica e addobbi natalizi artigianali, infine immancabile, l’enogastronomia. E’ dunque una manifestazione

Nostra Signora della Dragonara: architetture religiose spontanee

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E' tutto pronto. Manca solo l'apparizione, ma certamente non tarderà. Lungo l'ultimo lembo che dalla spiaggia di Miliscola ( militum schola o scuola militare) termina proprio sotto Capo Miseno, sono anni che si assiste ad un graduale aumento di oggetti di culto, specialmente mariani, poggiati lungo il tenero scoglio di tufo.  Là dove il "trombettiere" di Enea ebbe la sua sepoltura affogato dalla impari lotta con Tritone (animale mitico che molto ricorda tracon , vedi più avanti) al suono della buccina... Il sito è costellato di resti di antiche opere romane pertinenziali quasi certamente a sontuose ville patrizie, come quella che qui si vuole attribuire a Lucullo dove pure morì nientemeno che l'imperatore Tiberio, o come quella di Plinio il Vecchio ad esempio, che da qui partì alla volta dei soccorsi di Pompei poichè era comandante della flotta misenensis , ovvero quella squadriglia navale che Augusto aveva voluto a guardia del Tirreno e che partì tosto

La cultura di rivolta nel sospeso: caffè, pizze a otto, acini di fuoco e biglietti metro

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biglietto sospeso,ancora valido in metro,foto A.Granito Il biglietto sospeso è un prossimo viaggio per qualcuno che non conosci e che magari non può pagarselo. Tu fai la tua corsa, avanzano ancora minuti per la validità del ticket e pensi che lo puoi lasciare a qualcun altro: lo appizzi al muro, lo dai in mano a chi sale dal'autobus, o all'extracomunitario che chiede l'elemosina... Insomma lo sospendi. Succede che in una città che si inventa il caffè sospeso , e pure il sindaco ultimamente , qualcuno lasci un biglietto ancora buono tra le fessure dei marmi in metropolitana: la stessa ragione per cui le scarpe sono poggiate fuori dal bidone della spazzatura; possono ancora essere utili e allora perchè gettarle tra la monnezza facendo in modo che si insudicino e il poverello le debba raccattare tra il marcio? Sospendiamole sul ciglio del cassonetto. Il biglietto sospeso, complice anche il disservizio atavico dei mezzi pubblici e il suo elevato costo, fa la fine de

Vanvitelli , Vitruvio e la lunga via d'acqua dalla doppia inaugurazione

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Come Augusto col Serino, l’acquedotto Carolino (da re Carlo III di Borbone) serviva all'ambizioso programma del Re: non ci sarebbe stata nè la Reggia di Caserta, nè i suoi giardini senza l’acqua , nè dunque una capitale che gareggiasse con Versailles .  Luigi Vanvitelli ci mise un anno abbondante a cercare le sorgenti per captare le acque che il re voleva aiutassero autonomamente con una tratta parallela, anche il Carmignano di Napoli, passando per Capodimonte. La Reggia di Caserta nella mente del re doveva gareggiare con Versailles, ma nella mente del Vanvitelli con la solida tradizione dei giardini all' italiana: la villa di Adriano a Tivoli, e gli splendidi giardini di Villa Lante a Bagnaia....e ci riuscì in pieno. Ma pure, se Versailles poteva contare sulla distesa monumentale pianeggiante, divenendo il modello del giardino francese esteso, i nostri giardini da Tivoli a Bagnaia, contavano invece sull'accidentalità dei terreni e le pendenze: una scenografia vertica

La friggitoria è arte dei ricordi: maestro Antonio Tubelli

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Con il maestro Tubelli Incontro Antonio Tubelli, anzi il Maestro Tubelli , dopo una cena da Eccellenze Campane : praticamente il distaccamento del fritto dalla sede famosa Timpani e Tempura in centro storico che ha fatto la storia della gastronomia partenopea. La coppoletta colorata in testa, il sorriso pronto: aveva cucinato i piatti che avevo appena finito di mangiare: il fritto perfetto, che se lo mangi con le mani -come ho gioisamente fatto- non ti sporchi. E non è da tutti stare dietro alla cucina del proprio ristorante quando si potrebbe usare lo sguattero di turno. Di Antonio Tubelli è stato scritto molto, ma lui mi racconta del trattato del Corrado ( Il cuoco Galante , Napoli 1773) di Antonio Latini con lo “Lo scalco alla moderna” (1692) o  di Ippolito Cavalcanti ( 1837) così,  come fossero amici stretti. Sono i libri che gli han fatto cambiare lavoro: era un informatico già alla fine degli anni '70, un lavoro avanti per l'epoca, che scelse di trasformare risc

Perchè la mela di Eva era un’Annurca campana (Orcano mistero svelato)

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in difesa della mela Orcole tra la paglia Mi sono recata nel paese della sagra che un tempo si chiamava “ sagra della mela annurca” (24-25-26 ottobre 2014) : da 22 anni era una festa del Vallo di Maddaloni. Oggi con una tormentata storia del marchio dall'Igp poichè è da Giugliano che partono le annurche e la zona fa fatica ad entrare nella denomonazione: le piccole produzioni a caratura familiare spesso non possono permettersi di diventare aziende, registrare un marchio e fare consorzio. Oggi, dopo 22 anni e la registrazione ufficiale del marchio dal 2006, è costretta a chiamarsi “sagra della mela”, ma va bene lo stesso:  la sostanza della polpa non cambia. E il disciplinare del consorzio di tutela ha registrato uno strano nome : Melannurca tuttoattaccato, il che mi fa ben prefigurare che se denominassero semplicemente Mela Annurca del Vallo di Maddaloni, o anche solo Mela Annurca, a suon di ricorsi si potrebbe vincere anche una causa. Scusate, ma il dettaglio è fondamen

La misericordia del teatro: il San Bartolomeo e gli Incurabili di Napoli.

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 II metà del XVII: il teatro di S.Bartolomeo ...ma prima del San Carlo, c'era il San Bartolomeo. Il 4 novembre 1737, giorno onomastico di re Carlo, l'omonimo teatro fu inaugurato con l'opera "Achille in Sciro" del Metastasio (musica e direzione di Domenico Sarro) e venne a sostituire definitivamente  l'antico teatro di San Bartolomeo che dal 1620 intratteneva i Napoletani.  Distrutto dai moti del 1647-8 e da un incendio nel 1681, sempre puntualmente ricostruito, tyra l'altro con una commissione della Santa Casa degli Incurabili a Cristoforo Schor che rifece nel 1723 i palchetti, il San Bartolomeo insieme al teatro dei Fiorentini (1618) costituivano il vanto della città. Ne divenne impresario  nel 1735 Angelo Carasale, a cui fu poi affidato il compito di costruire il San Carlo,  e così sulla platea del San Bartolemeo, smontato e trasformato, allora sorse la Graziella: la chiesa di rua Catalana di Santa Maria delle Grazie, e forse il Medr

Gennaro: il prodigio senza miracolo (breve storia di un fraintendimento)

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Aspettando il miracolo, succorpo del duomo di Napli, 1500 Storicamente parlando,  la prima documentazione del prodigio di Gennaro è registrata il 17 agosto 1389, allorchè assistendo alla prima delle liquefazioni, Carlo II d’Angiò fa realizzare il prezioso busto e il reliquiario oggi nel Tesoro. Ma un miracolo non è un prodigio: c’è differenza. Il miracolo è un fatto straordinario che avviene aldisopra delle leggi della natura direttamente per opera divina, e dunque per diretta intercessione accadono fatti aldilà dell’umana ragione, in cui si ravvisa senza problemi la mano di dio: non così il prodigio. Esso resta all’interno delle forze naturali, anche se l’uomo non riesce a spiegarsele: accade aldilà delle ragioni scientifiche o filosofiche, ma non rientra nel diretto intervento divino. Dio non ci mette mano, non agita le acque ematiche della partenopea ragione. Brevemente la storia delle analisi del liquido delle ampolle è contenuta in molti siti: il 25 settembre 1902 una prim

Ergastronomia: Napule è 'na carta sporca, si, ma di frittata di maccheroni

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Mappatella Beach di F.Kaiser Ognuno conosce la canzone di Pino Daniele: un sole amaro, odore di mare, odore di bambini, mille culure... Tra le figure retoriche dei versi però ce n'è una simbolica che mi sento di dover analizzare: 'a carta sporca. Nessuno si cura della carta sporca, profetizzava Daniele: ognuno aspetta, forse la sorte che la rimuova? Notorio è che le carte sporche a Napoli ci siano: arredi urbani inesistenti ci stimolano al loro posizionamento creativo. Il gesto più locamente sviluppato è l'abbandono stradale ed emotivo della carta sporca. Pirotecnici lanci da finistrini, canestri inesistenti appiedati, scivolamenti comenientefosse. Sono giunta alla conclusione che la carta sporca sia un'immagine collettiva fondamentale della nostra contemporaneità (come 'a tazzulella 'e cafè ) : riflettendo sulla carta oliata abbandonata sulla spiaggia di Mappatella Beach , punto antropologicamente strategico di Napoli, e sulla tendenza a consider

Iconopatia: la malattia dell'immagine sempre vera

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The little red ridding hood – Happy end © Thomas Czarnecki Finali alternativi per le note eroine disneyane nelle foto del francese Thomas Czarnecki : Ariel, Jasmine, Aurora, Pocahontas, Cenerentola o Biancaneve che finiscono malissimo. Schiacciate, smarrite, avvelenate, stramazzate al suolo: è la frantumazione del mito della favola che finisce sempre bene, il lieto end ,  l‘ happy che manca. Una operazione visiva non estremamente nuova, ed incentrata comunque sul senso, significato e significante dell’ icona: secondo il semiologo e matematico Charles Sanders Peirce (1839-1914), l’icona è uno dei tre tipi principali di segni, distinto da un rapporto di somiglianza attraverso una qualità o una configurazione determinata dell’oggetto significato. In genere lo scatto prevede oltre ad una donna, un inequivocabile segno distintivo: scarpetta/Cenerentola, coniglio/Alice, pinna caudata/Sirenetta, in maniera da eliminare ogni dubbio di riconoscimento del personaggio alla prima vis