La vera storia di "Sfruculiare la mazzarella" e un cantante "sopranista"
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Nicolino Grimaldi sopranista cantante di Napoli |
Come avesse fatto a procurarsi la mitica mazzarella, o perchè gli interessasse non è dato sapere, ma possiamo riflettere che il bastone di Giuseppe era più che un semplice bastone. Giuseppe era un téktón, in Greco più di un falegname, come invece han tradotto nei primi secoli: era un quasi edile, non proprio un semplice falegname ma qualcosa tipo un capo-masto, e forse il bastone era in origine un attributo metrico di potere della sua categoria, prima che una scrittura sacra lo facesse fiorire di gigli (lasciato su un altare, miracolosamente fiorì), per poi passare a sigillo di garanzia di fertilità.
Insomma un attributo iconografico, la “mazzarella”, che si presta ad una ambiguità semantica di non poco conto e per giunta, nel caso di Giuseppe piutttosto equivoca, vista la gravidanza divina di Maria, cui i gigli che vi fioriscono sopra rimandano. Ci sarebbe molto da riflettere anche sulle parole: virgo-verga-vir- e vireo: che vuol dire verdeggiare; tutti elementi che rimandano alla floridezza, e di conseguenza anche ad un legame semantico riproduttivo e alla fertilità.Non ne parliamo poi se se la procura un cantante castrato.
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Il Niccolini(Zanetti1732ca)centrostudipergolesi.unimi.it |
E siccome ciascuno se ne cercava di portare un pezzettino o l’allisciava toccandola, pare che il maggiordomo veneto fosse messo a guardia per evitare danni alla preziosa verga: il vietato “sfregolare” (strusciare, toccare e quindi anche asportare) in napoletano passò presto in “sfruculiare”.
E dunque in un equivoco che parte nientemeno dall’iconografia generale del Santo Giusto e del suo attributo potenziato, e che potremmo definire quantomeno una dotta costruzione iconografica circa il passaggio dell’angelo e una incerta attribuzione di paternità, a Napoli si passò presto al detto “ Nun sfruculià 'a mazzarella 'e San Giuseppe” per dire di non arrecare disturbo o danno inutile.
Che sia poi legato al Settecento è tutto dire, che poi rimandi ad una reliquia che a Napoli sarà passata di bocca in bocca in casa di un grande cantante castrato, è solo il segno che nulla di sacro o vagamente ambiguo, a Napoli non riesca a trovare il più grande terreno creatore di miti. Mitopoiesi: fare miti, i Napoletani ce l’hanno nel sangue, è il caso di dirlo, trai vicoli stretti.
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