Boccaccio a Napoli : il default delle banche e Fiammetta centro dell'universo.
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Gustave Wappers: Boccaccio racconta il Decameron alla regina Giovanna I |
Giovanni
Boccaccio era stato mandato a Napoli dal padre Boccaccino da Chiellino, per
imparare il mestiere :
" Assai mi ricordo che da fanciullo il padre mio
pose ogni suo sforzo, perch'io diventasse mercante" nel 1327. Ha quindi 14 anni.
Ma
non un mercante o un mestiere qualsiasi: una specie di affiliato del gruppo quasi manageriale
dei Bardi di Firenze, la banca di il cui padre era socio. Era allora, una specie di
"holding" medievale che aveva filiali in tutte le città importanti. E
così Boccaccio figlio, fu spedito a far pratica, in un momento in cui anche le famiglie toscane
dei Peruzzi
e degli Acciaiuoli finanziavano la corte e l'operato di Roberto d'Angiò e di mezzo mondo, Gerusalemme compresa, in cambio di appalti di entrate
doganali e di gabelle (i banchieri cioè riscuotevano le tasse al posto dello
Stato) e commerciavano in lana e grano.Insomma, investivano.
Anni sprecati, diciamolo pure, in una
attività che a Giovanni proprio non piaceva; ma certamente grata gli era invece
la vita di corte a Napoli. Una Napoli splendente, con Giotto che dipingeva il
Maschio -e Giotto era sponsorizzato dalla famiglia dei Bardi a Firenze- e tutta la corte impegnata in una vita fastosa e piena di cultura: belle stoffe e figli illegittimi e, se non fosse stato per il tracollo della Compagnia de'
Bardi, messer Boccaccio, non sarebbe forse tornato a casa negli anni '40
del '300.
In pratica un vero proprio caso di default: le
banche aveva prestato denaro all’inglese Edoardo III per la Guerra dei cent'anni,
e lui si era rifiutato di restituirlo ma: “il bilancio nazionale di re Edoardo era un’inezia rispetto
a quello delle due grandi casate bancarie fiorentine; era solo una modesta
colonna nei loro libri contabili. A Firenze si può ancora leggere nei documenti
bancari dell’epoca, che parlavano di lui con scherno, di un certo “Messer
Edoardo”: saremo fortunati se riusciremo a recuperare almeno una parte del suo
debito, dice un documento del 1339”.
Comunque, per dirla tutta, fu Venezia a far esplodere
la “bolla speculativa” della
finanza mondiale,pompata ad arte tra il 1275 ed il 1350, e lavorò costantemente per far
esplodere il caso nel periodo successivo al 1340. Vi ricorda forse
qualcosa?
Intanto Giovanni che degli affar non si cura, o meglio aspira alla sua vita da poeta, studia la
nostra cultura bizantina, il Greco e il Latino, e fatalmente si innamora di
Maria d'Aquino. A 23 anni, Giovanni, incontrandola di Sabato Santo, vede nella figlia illegittima di re Roberto nata in una notte di baldoria al Maschio Angioino, la mitica Fiammetta. Il dado è tratto. Incontrata il 30 marzo 1336, "in un grazioso e bel tempio
in Partenope, nominato da colui che per deificarsi sostenne che fosse fatto di
lui sacrificio sopra la grata" (Filoloco) -insomma, la chiesa di San Lorenzo
Maggiore, allora punto di riferimento della nobiltà di Napoli sulla via de Capuana come era chiamata allora via dei Tribunali.
Lì risiedeva la vera nobiltà, e nel convento più in
del momento storico, San Lorenzo appunto, dove pure nel 1343 Petrarca risiedette la
maledetta notte dello tsunami più famoso della storia di Napoli, mentre la regina Giovanna I tentava di salvare capre e Regno, proprio al centro
della vita urbana e nel bel mezzo delle macchinazioni veneziane, Boccaccio perde la testa.
Nella chiesa, Boccaccio guarda Madonna Fiammetta “di bruna veste coperta”, e immediatamente, Madonna
Laura e Madonna Beatrice, cioè le innamorate di Petrarca e Dante, da quel
momento del 1336 -30 marzo Sabato Santo- fanno parte del culto retrò dell'amor
cortese. Ora, tocca all'amore che brucia, la passione di Napoli che nasce da
una Fiammetta: “di singulare
bellezza dell’Universo”. Poco prima che si infiammino le piazze.
Come sappiamo
bene, Boccaccio si ricorderà di Napoli nella novella del Decameron di Andreuccio da Perugia, dove il
perugino e sfaccendato giovane che voleva far affari di cavalli, si lascerà
sedurre dalla bella siciliana Madonna Fiordaliso, abitante in quel Malpertugio (che è poi la località nei pressi di Rua Catalana) contiguo al porto, quindi piena di
mercanti stranieri e ovviamente bettole malfamate, che sarebbe stata sistemata
da Giovanna I qualche tempo dopo: « la quale
quanto sia onesta contrada il nome medesimo il dimostra ».
Ma
pure Napoli è nominata nella novella sesta della
III giornata, che illustra l’avventura
d’amore di Ricciardo Minutolo, dove è descritta una "città antichissima e forse così
dilettevole, o più, come ne sia alcuna altra in Italia".
Comunque la liason fra
Giovanni e Maria, ovvero Messer Boccaccio e Fiammetta, avrà presto
fine. Un fallimento. Boccaccio non la prenderà bene, maledicendo Baia dove tutta la nobiltà dai tempi dei Romani andava a ricrearsi: “perir possa il tu nome, Baia”, maledizione che coglierà tutta la
zona solo nel 1538, quando il Monte Nuovo sconvolse tutta l’area.
E intanto la crisi finanziaria di Roberto d’Angiò, comincia a
diventare insostenibile -virale, contagiosa, oggi diciamo pensando alla Grecia- e divenne in poco tempo anche crisi dinastica con Giovanna I e Giovanna II: nel mezzo re Ladislao, che voleva conquistar
l’Italia, anche per uscire dalla crisi finanziaria, col papato da una parte e
coi fiorentini dall’altra…l'unica volta che Pisa si alleò con Firenze, per evitare fallimenti ancora più grandi.Non a caso si dice che di velen fiorentino morì l'audace Ladislao...
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