MediterranPitechi della baia di Napoli
Ci incontriamo alla fine del tondo cratere della bella isola verde: lui
ha ancora gli stivaloni verdi gomma e l'aria stanca del mare sulla
faccia allungata, mentre io scendo da un quaranta piedi a vela, sbarco
nemmeno tanto elegante dopo il lavoro. Per me il mare è tornare
all'essenziale; un essenziale comodo, contemporaneo, ma non certo da
turista.
Quando entrate nel porto-cratere che Ferdinando II fece aprire nel 1853 per meglio collegare la sua Villa
de'Bagni, entrate in un posto unico sulla terra. E' un porto quasi
fantastico: a pelo d'acqua stanno le banchine di piperno, segno di una
stabilità del livello del mare che solo un cratere può dare...
E il cratere di un antico vulcano fu infatti aperto,
slabbrato di un orlo per consentire il passaggio delle navi creando un approdo unico, prezioso e riparatissimo per la bella isola. L'isola che
un tempo fu l'unico ponte della civiltà mediterranea: qui sbarcarono i
Greci d'Eubea per commerciare, e fermarsi a trattare con Fenici, locali
ed Etruschi...
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Procolo pescator ischitano |
Venivo al porto veleggiando da Castellammare di
Stabia, l'altro punto marino di Ferdinando II e dei suoi cantieri, e
dunque idealmente dentro di me, riflettevo l'idea complessiva di questo
sovrano, l'ultimo della dinastia che pure tentò l'innovazione
industriale in un tempo molto confuso.
Scesa per andare verso le ultime barche dei pescatori,
ho conosciuto Procolo che immediatamente si è fatto scattare la
fotografia: con i suoi tre pesci presi da un secchio di plastica di
color-parato, felicissimo di mostrarmi la sua fatica. Il suo barchino
verde come la sua isola mi incanta: la ruota luccicante delle reti
vuota...e mentre arrivavo da lui, ho notato che l'orlo sud del piccolo
cratere,dove ci sono i localini della notturna vita, inizia ad essere
invaso dall'acqua; penso che non sia marea, ma il grande respiro della
terra che è il bradisismo di tutta questa zona.
La terra qui ha sempre respirato, e ad Ischia, più pericolosamente che
altrove: Casamicciola nel 1883 fu rasa completamente al suolo. Era il 28
luglio del 1883, centotrentunoannifa, ore 21.30 e un terremoto di
scala VIII Mercalli, rase al suolo Casamicciola, Forio e Lacco Ameno.
Tra le macerie fu estratto vivo Benedetto Croce, che era allora in
vacanza coi genitori: "Eravamo a tavola per la cena (...)ad un tratto
come alleggerito, vidi mio padre ondeggiare come alleggerito e subito
in una baleno sprofondare nel pavimento stranamente apertosi
(...)terrorizzato cercai con lo sguardo mia madre che raggiunsi sul
balcone dove insieme precipitammo e così io svenni"(intervista del 1950 sulla rivista Oggi).
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Zeus scaglia i Giganti |
E' Tifeo, il gigante scagliato da Zeus sotto
la terra di Ischia e ad essa incatenato che si scuote ogni tanto: così la massa dell'isola lo trattiene per sempre: lo
blocca, forza ancestrale, caotica.
"Ma andavano gli armati come se l'intero terreno ardesse
e sotto gemeva per l'ira la terra per l'ira di Zeus che avventa i fulmini
quando sferza la terra intorno a Tifeo fra gli Arimi,
dove si dice Tifeo abbia il letto" (Omero)
"Ma andavano gli armati come se l'intero terreno ardesse
e sotto gemeva per l'ira la terra per l'ira di Zeus che avventa i fulmini
quando sferza la terra intorno a Tifeo fra gli Arimi,
dove si dice Tifeo abbia il letto" (Omero)
Arimi,
è il nome del popolo che abitava l'antica Pithecusa/Ischia, e che in
lingua etrusca è "arimos", l'isola delle scimmie: etimologia non
accettata da tutti, ma comprensiva di quel sandwich storico-millenario
che ci riguarda.
Se Pithecusa è l'isola degli Arimi, la terra a cui Tifeo il
gigante era incatenato, e che significa terra delle scimmie... noi tutti
siamo ancestrali MediterranPitechi, creature della speciazione della
Terra di Mezzo.
Questa voglia strana, una grafomania di
confine, di scrivere sui vasi che ebbero i coloni: scrissero della coppa
di Nestore, l'esametro greco che per primo si legge sulla terra e poi
di quel tale Inos ("Inos me poiese") vasaio/pittore che fece un vaso con delle sirene-scimmiette, forse.
Così i MediterranPitechi dell'isola di
Pithecusa -che poi saremmo noi eredi- impararono a scrivere con le lettere
d'Eubea, azzecate per la prima volta in sillabe dai Fenici, regalate
agli Etruschi e alla loro estranea lingua non indoeuropea. Il tutto, per cominciare questa civiltà dell'olio e del vino.
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Inos firma vasi |
E quindi, mentre mi tornano a mente questi brandelli di storia mediterranpiteca, con millenni di ingredienti mescolati in racconti, le genti varie che si
spalmarono su questa terra; una insalata di conoscenze e un pò di maionese
linguistica...vedo lo sguardo di Procolo, la sua povera pesca che ha visto "calare del 50% negli ultimi tre anni"
e penso a questa TerradiMezzo dove si torna idietro alla velocità della
luce e allo stadio larvale della storia dell'uomo e della "civiltà" in
un nanosecondo.
Anzi in un gigant-secondo: Tifeo, Mimante e
Alcione incatenati alle nostre isole di Procida, Ischia e al Vesuvo... e alla
buona pace e memoria di chi se li ricorda.
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