L'anno dei Seneca: le eccezionali scoperte di Napoli, tra papiri e manoscritti
![]() |
dal portale www.researchitaly.it CNR |
Il 2018 deve essere l’anno dei
Seneca: in pochi giorni da Napoli, arrivano due incredibili notizie di
ritrovamenti che riguardano la famosa famiglia di storici, filosofi e
drammaturghi invischiati con la politica: Lucio Anneo Seneca il Vecchio padre
di quel Lucio Il Giovane che tentò di educare Nerone. Le loro opere letterarie
vengono scoperte in questi giorni dagli studiosi, tra città sepolte e
biblioteche profanate.
Il primo ritrovamento viene dalla
papirologa Valeria Piano dell’Università Federico II, e risale a pochi giorni
fa: dai rotoli vesuviani di Ercolano, è saltato fuori l’"Historiae ab initio bellorum civilium" di Lucio Anneo
Seneca il Vecchio. Ritenuta perduta per sempre e fino ad oggi sconosciuta
mostra l’eredità culturale del padre verso il figlio: un anno di puzzle per rincollare
e leggere il papiro n. 1067 ridotto a brandelli del papà di Seneca il Giovane.
![]() |
Il manoscritto dei Girolamini, sal sito Treccani |
Il lavoro certosino ha permesso
di datare l’opera ai primi decenni tra il 27 a.C. e il 37 d. C., tra Augusto e
Tiberio: la Villa dei Pisoni da cui proviene, conferma l’importanza della
biblioteca che vi si conservava: il direttore della Biblioteca Nazionale di
Napoli, Francesco Mercurio, ha annunciato con grande entusiasmo la strabiliante
notizia. Tra il 1752 e il 1754 durante gli scavi del sito, la villa attribuita
a Lucio Calpurnio Pisone, suocero di Giulio Cesare, venne denominata Villa dei
Papiri. E’ a tutti gli effetti il più antico fondo librario della terra: oltre
1100 unità o “volumina” che hanno scritto un capitolo incredibile della
letteratura antica. I papiri, trasportati a Portici dopo il ritrovamento dai
profondissimi cunicoli borbonici, si provò in tutti i modi a leggerli: il principe di Sansevero
Raimondo di Sangro azzardò col mercurio, e tre o quattro rotoli andarono
distrutti; stessa sorte toccò al rotolo che il filologo Alessio Simmaco
Mazzocchi espose al sole sotto una campana di vetro. Ben 18 e altre parti di
due papiri, Ferdinando IV li regalò al principe di Galles -poi re Giorgio IV-
tra il 1802 e il 1816 per ottenere 18 canguri per la Floridiana: un baratto
niente male per gli Inglesi. Poi finalmente arrivò Antonio Piaggio (1713-1796)
che lavorava già alla Biblioteca Vaticana, e si inventò un geniale marchingegno
che riuscì a svolgerli, e fino al 1906 si andò avanti col suo metodo. Con lui
nacque l’Officina dei Papiri Ercolanesi, insieme all’Accademia Ercolanense.
Tutti i papiri finirono nella fuga borbonica a Palermo nel 1798, poi al Palazzo
degli Studi e infine alla Biblioteca Nazionale (1924): che si siano salvati ha
del miracoloso, e oggi le nanotecnologie degli Istituti di Fisica Nucleare, il
CNR di Napoli e Roma, studiosi e paleografi di tutto il mondo tra microscopi e luce
del sincrotone ci permettono di scoprire la più antica biblioteca del mondo.
![]() |
BB.CC. la macchina di Piaggio |
L’altra grande notizia riguarda invece la Biblioteca dei Girolamini:
un antichissimo codice scampato al saccheggio della “biblioteca Nome della Rosa”
è stato ritrovato e studiato della Federico II. Con il Mibact, l’università
federiciana lavora da un anno alla “Scuola di alta formazione in Storia e
filologia del manoscritto e del libro antico” creata appositamente per la
biblioteca Vico fondata nel 1586, già al centro dell’infame scandalo dei furti,
vendita illegale dei libri e sottoposta a sequestro da diversi anni. La
Treccani ha curato una eccellente riproduzione dell’opera recuperata: “Il
Teatro di Seneca”, in 299 esemplari limitati. Le eccezionali miniature del
manoscritto dei Girolamini illustrano il testo di Seneca il Giovane: oro e splendenti
sfondi azzurri dalle cesellature raffinatissime, conservano le tragedie che
hanno influenzato per secoli il teatro mondiale: Shakespeare, Racine, Artaud,
Brook e Ronconi vi si sono ispirati. L’ignoto autore del manoscritto è chiamato
oggi il “Maestro del Seneca dei Girolamini”: un abile miniatore dell’età
angioina di Giovanna I d’Angiò, che proseguì l’opera del nonno Roberto d’Angiò
Il Saggio, che a Napoli aveva chiamato Giotto, Simone Martini e tanta altra
bellezza. Re Roberto aveva individuato in lei la prima regina di Napoli, contro
la Legge Salica che escludeva le donne dal potere, e Giovanna che scrisse al papa Urbano V: “Mi dolgo di una cosa
sola che non sia piaciuto al Creatore farmi uomo” finì al centro di congiure e
barbaramente uccisa. Grazie al manoscritto del Maestro di Seneca dei Girolamini,
la ritroviamo erede gloriosa di cultura: con lei ed Ercolano, la Napoli
contemporanea torna centro della letteratura universale coi suoi due Seneca ritrovati,
e racconta di padri, figli e figlie di una millenaria città di capolavori
universali.
Commenti
Posta un commento