Letteratura e politica: possiamo dire che ce l'abbiamo fatta...insieme.

La presentazione del  romanzo  "Giallo Tufo" di Francesco Escalona è stato il pretesto per unire le forze culturali che si opponevano al silenzio che si era formato attorno ai referenda del maggio scorso; personaggi politici di diverse aree (l'on. Andria, il prof. Giovanno Romano e il dr. Raffaele del Giudice), e scrittori ( Isaia Sales ) si sono uniti per dimostrare che la cultura può molto per trasformare questo Paese. A tutti i partecipanti al convegno va il mio grazie. Grazie a Francesco Di Pace per aver voluto e ideato insieme a me questa manifestazione.






«La custodia degli acquedotti è un affare degno di un governo da farsi con un maggior ardore poiché è questo il principale segno della grandezza dell’Impero»
                          Sesto Giulio Frontino (ca. 40­-104)[1]

Il 30 dicembre 2010, presso le sale del Museo archeologico dei Campi Flegrei nel castello di Baia, si sono tenuti i festeggiamenti per il bimillenario dell’acquedotto del Serino: l’età dell’acquedotto è ricavata da una iscrizione trovata in una galleria romana in località Scalandrone (Bacoli).
Il prof. Giuseppe Camodeca, storico epigrafista dell’Università L’Orientale di Napoli, e mio docente di Storia Romana ai tempi della laurea, fine conoscitore e appassionato amante delle Terre Flegree commenta:  “Il rilievo commemora l’apertura di un condotto idraulico di collegamento con l’antico acquedotto augusteo e riporta la precisa data dell’evento. Essa conserva anche il nome di Decimo Satrio Ragoniano, il più antico soprintendente alle acque pubbliche (Curator aquae Augustae) finora conosciuto. Una datazione esatta al giorno, è un caso raro in archeologia; la ricorrenza del bimillenario è quindi un’occasione eccezionale per sottolineare l’importanza del servizio idrico pubblico nell’antichità ed ai giorni nostri.”
Il prof. Camodeca oltre che un luminare, è uno studioso molto umano e un giorno per puro caso, ci trovammo di agosto presso l’antica Sepinum : per le nostre ferie, casualmente entrambe avevamo deciso di passare per quella cittadina di pietra, e io giovane studentessa, ricordo con affetto la sua guida lungo le strade dell’insediamento romano che fu un raro piacere intellettuale,  perché anzitutto inaspettato e perché egli mi chiese se cortesemente poteva farmi piacere la sua presenza.  In quella calda giornata, mi mostrò ogni angolo di Sepino e ogni iscrizione, e ricordo bene tutto ciò che disse davanti alle antiche porte della città. Colse l’occasione di rammentarmi l’importanza e l’attualità dell’epigrafia latina, la sua vera passione,  e ad oggi, l’amore che provo per le parole incise sulla pietra, lo devo anche a quella passeggiata in cui egli non si fece scrupolo di bere a cannella dalla bottiglia d’acqua che avevo portato, dolendosi non poco che l’antica Sepinum, avesse perso le sue celebrate acque e fontane, ormai da tempo.

Non mai come in questo periodo, è utile e necessario rammentare il bene primario costituito dall’acqua pubblica, a cavallo di riforme che si vorrebbero necessarie ma che nascondono di fatto, l’insidia di reinventare una storia che non esiste e che, persino nei documenti più antichi della nostra memoria, ci mostra che la gestione delle acque è di fatto una funzione pubblica e tra quelle più importanti per uno Stato[2].
Dalla epigrafe di Bacoli, ci è noto che la più antica carica di funzionario alle pubbliche acque è proprio campana: dunque possediamo un altro record in fatto di cultura e civiltà, oltre uno dei più importanti acquedotti romani.
La grandiosa tradotta del Serino, oltre che assicurare il rifornimento d’acqua ai maggiori centri della regione, fu realizzata tenendo conto delle esigenze dell’allora magnifico porto commerciale di Puteoli e in relazione ai bisogni della Classis Misenensis, la grande armata navale imperiale. Termina grandiosamente nel monumentale serbatoio ( Piscina Mirabilis ) di denominazione tardo seicentesca, la cui bellezza e maestria architettonica è ineguagliata.
Non occorre che io rammenti qui l’importanza dell’acquedotto del Serino, perché esso è idealmente un ponte di collegamento tra territori antichi della Campania e mezzo di trasporto di un bene impagabile: Puteoli, Neapolis, Nola, Atella, Cumae, Acerrae, Baiae e Misenum poterono essere le città che furono anche grazie a questa grandiosa opera.
A Pompei, l’arrivo capillare dell’acqua nei quartiere e nelle case, cambiò totalmente la vita degli abitanti, ma anche altre località campane, come Atella se ne giovarono;  in seguito all’arrivo dell’acquedotto, poterono munirsi di fontane, giochi d’acqua e piccole terme anche monumentali abitazioni, fornite di tutti i confort diremmo oggi.
Il prof. Werner Johannowsky, fino all’ultimo dei suoi giorni, veniva nella biblioteca dell’Orientale a studiare; un signore anziano che si fermava a commentare con tutti le sue preoccupazioni sulla sorte di molti monumenti, lui che per decenni era stato un funzionario attivo in molti territori: la sua storia è anche quella del Serino. 

Quando con il prof. Di Pace, si è prospettata questa iniziativa, ovvero l’idea di un convegno intorno alla “Storia dei luoghi come alternativa al degrado”, il leitmotiv che abbiamo scelto è stato proprio quello relativo alla questione delle acque, che segue di fatto il suo pluridecennale impegno nell’Agro Sarnese-Nocerino.
Nello scegliere l’immagine della locandina dell’incontro, ho sentito forte l’esigenza di optare per un monumento che rappresentasse la contemporaneità ed allo stesso tempo, la continuità storica dei luoghi che avremmo idealmente toccato: l’acquedotto augusteo del Serino, mi è sembrato il monumento simbolo di questo momento storico così travagliato, e così potentemente ancorato ai nostri futuri obbiettivi.
Dal Serino dove nasce, questa efficace opera di ingegneria romana, attraversa la nostra regione e la nostra memoria; questo piccolo libercolo raccoglie battaglie vinte e battaglie da portare avanti, tutte legate al tema del territorio, dell’acqua e della memoria (a partire da contributi scritti dal 1999 ad oggi). Vuole da un lato gettare un ponte sulla memoria storica dei nostri territori e dall’altro, isolare alcune riflessioni per una buona parte del tracciato storico dell’acquedotto; i nuclei problematici isolati dal lavoro del prof. Di Pace, sono solamente alcuni degli spunti che dovrebbero aiutarci a percepire questa terra come unicum mondiale e come doverosa ed ineludibile, l’opera di riappropriazione della nostra identità culturale ed economica.
Ad alcune domane e problematiche non è facile dare una risposta, né se ne presume una immutabile ed univoca; questo modesto apporto vuole però iniziare a fissare le basi di un dialogo; stimolare interventi e riflessioni, su punti nevralgici del sistema non solo locale e territoriale, ma finanche regionale e nazionale.
Nella logica dell’unità delle cose, non esistono punti relativi e isolati: esistono problemi comuni che vanno risolti per il bene di tutti. 
Una selezione delle tematiche ambientali, sociali, culturali più interessanti, vuole essere un piccolo stimolo alla costruzione di un sapere condiviso che metta la Storia dei Luoghi al centro di una seria e reale alternativa al degrado sentito da tutti, e che non possiamo permetterci di avallare per le generazioni future.
“L’uomo è per sua natura, un animale politico”: la definizione di Aristotele è emblematica, e l’amministrazione delle città e dei territori, compete per prima ai cittadini che debbono riappropriarsi del senso attivo della loro partecipazione.
Per questa ragione non paia strano che il mistero di Dicearchia, o “Governo dei Giusti” fondato come ci riportano le tradizioni storiografiche dai Sami in fuga dal tiranno Policrate, sia apparso proprio qui in Campania, e che noi si sia scelto di parlare proprio di questo mistero e grande utopia.
Il compito degli storici e degli archeologi come me, è dunque quello di comunicare ai vivi, attraverso le cose e la scienza che le studia, le culture del passato e le loro relazioni con l’ambiente circostante, senza mai dimenticare che lo facciamo tra esseri umani che si confrontano nel loro ambiente, nella loro cultura e soprattutto, nell’epoca che attraversano.
Buona lettura,

    Rossana Di Poce                                                                        Napoli, Aprile 2011
 (Pubblicato nel libro "La Storia dei Luoghi come Alternativa al degrado, diritti riservati)


[1] Sextus Iulii Frontini de acquae ductu urbis Romae, edizione a cura di C. KUNDEREWICZ, Lipsia 1973, pag. 132.

[2] «La conduzione dell’acqua a spese dello stato era stata concepita dai romani come un servizio puramente pubblico, da cui l’interesse privato fu escluso fin dalle origini ed esso continuò a funzionare sotto l’impero "ad usum populi” cioè a vantaggio della comunità senza riguardo all’interesse dei privati» J. CARCOPINO, La vita quotidiana a Roma, Bari 1941, pp. 49-50.

Il convegno a Castel S. Giorgio.

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