Il mercato ittico di Luigi Cosenza capolavoro dell’arte è in vendita
Luigi Cosenza, Mercato ittico 1929-35 Archivio Cosenza |
E’ notizia di Pasqua, come uno
strano pesce d’aprile che quest’anno cade in concomitanza con la Resurrezione,
che il Comune per evitare il dissesto metta in vendita almeno tre suoi
gioielli: l’ippodromo di Agnano, la sede di Via Verdi e il Mercato del pesce di
via Duca degli Abruzzi. A cui vanno aggiunti il Circolo Nautico Posillipo, e
una serie infinita di immobili tra cui Monachelle a Pozzuoli, l’ex
Villa Cava a Marechiaro; ritiro Santa Maria ad Agnone…Peccato che sia immobili di
grande pregio e soprattutto parte della storia di Napoli.
A ripercorrere le cronache recenti del mercato ittico senza
pace di via Duca degli Abruzzi, si legge che la chiusura definitiva
fu disposta dall’Asl nel 2013 per il mancato adeguamento alle prescrizioni
igienico-sanitarie, e con la costituzione del CAAN di Volla -la società
partecipata nel frattempo concessionaria della struttura mercatale napoletana –
si provava a mettere mano alla questione dell’adeguamento e all’idea di un polo
gastronomico che ne salvaguardasse il futuro. Alcune sporadiche iniziative gastronomiche
si sono tenute nel 2015 (“Voci di Terra e Canti di Mare”) e continuo è stato il
vociferare dell’impegno di ristrutturare, fino allo
sgombero del 2016 dall’occupazione abusiva tra rifiuti e detriti di 11
extracomunitari. Scorrendo più indietro nelle cronache, nel 2010 la struttura
ospitò la bella performance dell’artista genovese Vanessa Beecroft e della
acuta gallerista Lia Rumma: “VB 66”,
dove 50 modelle dipinte solo con la vernice, si esponevano con frammenti di
sculture come merce all’interno dell’hangar.
Mercato ittico Vb66 performance Lia Rumma/Beecroft |
Allora si
parlò anche di utilizzare la struttura come sede permanente di arte
contemporanea –poiché già si vociferava sulla stato di poca adeguatezza degli
standard igienico-sanitari- e forse se
la lungimiranza avesse vinto, avremmo oggi uno dei padiglioni più belli
dell’arte contemporanea del mondo. Quando Luigi Cosenza costruì il Mercato
Ittico, tra il 1929-1935, l’opera era all’avanguardia mondiale: l’uso del
vetro-cemento della Saint Gobain era allora trai primi in Italia, e quei immensi
finestroni aperti alla luce del sole che veniva filtrata per illuminare tutto, la
vera ed unica decorazione frontonale proponibile per una città del sole e per
una struttura imponente e sofisticata nella sua linea classica.
Non solo, il punto in cui fu collocato il Mercato Ittico era esattamente al
limite dell’area storica del mercato del pesce del Golfo: in quel Parco della
Marinella, al limite del Borgo Loreto, per cui nel 2013 furono stanziati quasi
5 milioni di euro per il POR Campania, ma che una denuncia sul Corriere del
Mezzogiorno del 2014, dichiarava ancora terra di nessuno.
Luigi Cosenza concepì un mercato all’avanguardia, prima vera opera moderna
di Napoli: l’immensa sala rettangolare con
copertura a volta di ben 1200 mq, piano seminterrato per la conservazione delle
merci, 9 vasche capaci di 100 quintali di pesce con pioggia artificiale e
ossigenazione sul fondo; 14 celle frigorifere, impianti per produzione
ghiaccio, essiccatoi a vapore, impianti di ozonizzazione per celle e
anti-celle, e bisognerebbe sottolinearlo in neretto, il primo piano rialzato
per una banca, bar ed uffici. Quindi più che un mercato semplice ma avveniristico
se si pensa agli anni in cui fu progettato: il giovanissimo Luigi Cosenza, a
soli 24 anni e prima ancora di discutere la sua tesi, diede prova di grande
genio, allineando l’architettura di Napoli al resto d’Europa. Solo per questo
motivo dovremmo tenerci stretto il nostro splendido Mercato Ittico e renderlo
semmai degno dei piani del suo ideatore. La documentazione dell’opera
razionalista è spesso richiesta anche all’estero (Centre Pompidou di Parigi) o
più recentemente è stato oggetto di esposizione al MAXXi di Roma (Museo di Arte
Contemporanea) come un’opera d’arte degna di meraviglia. Speriamo che la
notizia di oggi sia un brutto pesce d’Aprile, e comprendendo bene il dissesto e
il rischio che corre il Comune, non si può fare a meno di provare un vero
dolore profondo per la vendita di ogni singolo capolavoro.
Un’emorragia di immobili inarrestabile a quanto pare, ma l’arte non dovrebbe mai essere il mezzo
con cui si ripianano i debiti, semmai fonte di investimento lungimirante. Se
vende il suo Mercato Ittico, come può non perdere ancora una volta il mare
Napoli?
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