Storia contemporanea della Capa di Cavallo di Donatello a Napoli
La testa Carafa al rientro al Mann |
Perdere e ritrovare
una testa
Quando nell’aprile
2016, io e il giornalista Giuseppe Caterino avemmo il permesso di girare al
Museo Archeologico Nazionale la storia della testa del Cavallo Carafa, salimmo
dal direttore Paolo Giulierini che
ci attendeva entusiasta e che promise immediatamente, come è possibile vedere
dalle teche Rai della puntata di Buongiorno
Regione andata in onda il 14 maggio 2016 https://www.youtube.com/watch?v=jzrN_aLfyh8
che
avrebbe fatto di tutto per ridare alla protome di Donatello tutta la dignità
possibile.
Giuseppe Caterino ed
io avevamo a lungo parlato tra un caffè e l’altro della possibilità di
riportare a galla la storia del “Palazzo
della testa di bronzo” che
ogni napoletano conosce in via San Biagio dei Librai, e che oggi vede il
restauro del suo magnifico portale rinascimentale dopo lo splendido cortile e
gli interni. Fu Giuseppe ad insistere per occuparci della faccenda quando gli
raccontai che nel 2013 ero stata a vedere la mostra “La Primavera del
Rinascimento” in Palazzo Strozzi a Firenze, e avevo visto l’attribuzione a
Donatello confermata da esimi studiosi. Erano inoltre andate in onda nel 2012,
le registrazioni Rai della trasmissione “L’altra
lingua degli Italiani” che nel Teatro di Corte di Palazzo Reale aveva diffuso
le ricerche del prof. Francesco Caglioti, il
vero studioso e divulgatore di tutta la vicenda. E’ certamente a lui che va il
merito, se dovessimo trovarne un primo, di aver dipanato l’intricata faccenda
della testa e soprattutto di
aver scoperto i documenti definitivi del pagamento alla bottega di Donatello
nel 1453 dell’intermediario di Alfonso il Magnanimo, il fiorentino Bartolomeo
Serragli.
2016, il Direttore; testa in Soprintendenza |
In quella splendida lezione tenuta a
Palazzo Reale, Caglioti ricostruiva puntualmente tutti i fraintendimenti
storici e le interpretazioni errate con l’augurio di una collocazione più
adatta dell’opera donatelliana che giaceva da almeno dieci anni nell’androne
d’accesso agli uffici della Soprintendenza, dopo esservi stata spostata
dall’interno del Museo. Donata da Francesco Carafa nel 1809, la
testa dal 1471, anno del regalo di re Ferrante al suo più fido collaboratore
Diomede Carafa, si era conservata nel cortile di via San Biagio de’ Librai.
L’avevano vista là Giorgio Vasari, il
primo ad ascriverne la mano certa di Donatello nella seconda edizione delle
Vite (1568) come pure Winckelmann che l’aveva invece declinata definitivamente
come opera antica.
La promessa venne mantenuta dal direttore
Paolo Giulierini nel mese di novembre del 2016, quando un corteo di cavalieri e
cavalli dell’associazione l’Aquila Bianca, si occupò di far rivivere il corteo
aragonese e dare il giusto spettacolo al riposizionamento della testa
all’ingresso del Museo Archeologico. Quel giorno salutammo tutti simbolicamente
il posizionamento della protome davanti all’ingresso del Mann; reintervistammo
il Direttore, e il servizio con Rai Tre andò in onda https://www.youtube.com/watch?v=LcqjsUzMiGo
festeggiando la retrodatazione di trecento
anni per l’interesse verso l’antico di Napoli : dalla scoperta di Ercolano e
Pompei a metà del 1700, alla metà del 1400 con Alfonso il Magnanimo.
La premiata ditta Peppiniello &Co. |
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