Zen-Zilda e la Maddalena meditativa alla Scorziata di Napoli

Zilda alla Scorziata da Il Mattino.it
La chiesa e il conservatorio dedicato alla Presentazione di Maria al tempio, nota come la Scorziata a Napoli, prese vita dal progetto educativo dalla nobildonna Giovanna Scorziata e dalla sua “amicizia” con un’altra nobile, Luisa Paparo, e la di lei sorella, Agata.
Il monastero a cui le giovani ragazze potevano accedere, forniva una cristiana istruzione e permetteva di scegliere alla fine del percorso fra la vita secolare e quella spirituale; fu fondato nel 1579 nei locali delle proprietà della Scorziata (parte del rinascimentale Palazzo De Scorciatis) che non senza dolore se ne privò, pur riservandosi una piccola proprietà all’interno del nuovo Istituto, e vi portò con sè anche le sorelle Paparo. 
F.Heyez, Meditazione sulla Storia d'Italia
Luisa divenne governatrice  e Agata vicaria; e così partì l’avventura del monastero laico del Tempio della Scorziata, o delle Scorziate, proprio davanti alla porta laterale della maestosa basilica di San Paolo Maggiore.
Il sodalizio tra le donne non durò a lungo, per ragioni legate allo statuto e ai dissapori tra le tre (Boccadamo); le Paparo andarono così a fondare qualcosa di simile, nel conservatorio delle cosiddette Paparelle.
Già abbandonata e minata dal sisma del 1980, dal bell’ingresso barocco, è stata meta di atti vandalici e furti su commissione che l‘hanno completamente spogliata, fino a subire il disastroso incendio nel 2012, a causa delle masserizie ammucchiate davanti all’ingresso per la festa di Sant’Antuono.
Denudata delle sue bellezze, abbandonata da tutte le istituzioni, la Scorziata si presenta  oggi completamente spalancata, senza il portale perduto nel rogo; con soffitto, calcinacci e quel che resta dell’unica aula ingombra di macerie ma perennemente imbacuccata da impalcature di lavori che non vediamo mai.
Accade nello scorcio di questo piovoso gennaio, che Zilda, lo "street-artist zen" di origine francese, come lo chiamo io, torni a Napoli e scelga la Scorziata come punto di un suo raid di bellezza: entra con amici e operatori, e piazza al centro dell’altare la copia del dipinto di Francesco Hayez, la Meditazione sulla Storia d’Italia (1851).
Non una scelta casuale dunque: quest’opera -e l’altra versione sua omonima- è dipinta all’indomani del fallimento dei moti del 1848 a Milano mentre Hayez insegnava Pittura all’Accademia di Brera, e sotto il velo dell’allegoria e della metafora, nasconde le simpatie patriottiche dell’artista.
Seduta sull’alto scranno, non è una comune donna, ma simbolicamente l’Italia dallo sguardo basso e determinato, umiliata ma non vinta: esplicitamente l’opera richiama “La Libertà che guida il popolo di Delacroix” (1830) che a sua volta nella scelta della figura femminile, è legata al modello della Venere di Milo.
Sulla croce tenuta in mano dalla donna di Hayez è incisa una data, 1848; sul dorso del libro posato in grembo, si intravedono il titolo “Storia d’Italia” e un numero; scacciati gli austriaci da Milano (nelle Cinque Giornate del marzo 1848) e i fatti che seguirono,  la Meditazione sulla Storia d’Italia (1851)  raffigura dunque la Nazione che solleva lo sguardo con fierezza dopo la rovinosa fine della Prima Guerra d’Indipendenza.
Esporre questo quadro al pubblico era piuttosto pericoloso per Hayez :  armata del libro sacro e della croce, simboli della fede e del sacrificio, la donna poteva però anche essere una comune Maddalena. E fu così che questo quadro divenne un simbolo di resistenza e di orgoglio dei Patrioti: negli occhi dell’Italia umiliata, la fiamma dell’indomabilità che solleva fiera lo sguardo.
Torniamo alla Meditazione della Scorziata di Zilda: chinata sulla sedia, il seno scoperto, la nostra Meditazione-Maddalena, allegoria di una Napoli-Italia, sta oggi sull’altare principale, tra calcinacci e immondizie, quasi invisibile a chi volesse ammirarla, superata la barriera di cassonetti ormai poggiati da anni a stabile corredo, proprio davanti allo splendido piperno dell’ingresso della chiesa di Giovanna. E certamente resisterà per poco tempo.
Chiamo zen lo street-artist Zilda, perchè come tutti sanno, le sue opere sono destinate a degradarsi agli agenti atmosferici di tutte le località del mondo dove opera; i suoi raid di pennellate per ricoprire orrende scritte, sono note, ed anche i suoi fulminei incollaggi filmati.
Arte destinata, come i mandala, a perdersi nel tempo: ma solo dopo che ha svolto la sua breve epifania di bellezza... la puntata di trasformazione sulla roulette della distrazione metropolitana.
Così, in quello che fu un educandato glorioso e laico, fondato da una solitaria, ricca e tenace Giovanna Scorziata, e per certi versi irregolare, come lo sono molte opere pie di nobildonne e nobiluomini napoletani, sull’altare maggiore dove un tempo era la Presenzatazione al tempio di un allievo del Solimena, si vede oggi la Maddalena-Italia /Napoli, invitandoci ad una fiera meditazione sulle sorti del nostro paese, in cui ciò che è sacro e bellezza, non ha nemmeno più la poesia di trasformarsi in prostituzione da redimere, ma solo in macerie, da cui dopotutto risorgere ancora.

Commenti

  1. Non una scelta casuale dunque: quest’opera -e l’altra versione sua omonima- è dipinta all’indomani del fallimento dei moti del 1848 a Milano mentre l’artista insegnava Pittura all’Accademia di Brera, e sotto il velo dell’allegoria e della metafora, nasconde le simpatie patriottiche dell’artista.
    Seduta sull’alto scranno, non è una comune donna, ma simbolicamente l’Italia dallo sguardo basso e determinato, umiliata ma non vinta: esplicitamente l’opera richiama “La Libertà che guida il popolo di Delacroix” (1830) che a sua volta nella scelta della figura femminile, è legata al modello della Venere di Milo.

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