« O Campani, siete morti insieme ai Romanisti in quella vittoria » feat. Tacito

Casa della Rissa, affresco, oggi al Mann di Napoli
« Campani Victoria una/cum nucerinis peristis »  ovvero « O Campani, siete morti insieme ai Nocerini in quella vittoria » era scritto nella Casa dei Dioscuri di Pompei, e faceva riferimento agli incresciosi avvenimenti che nel 59 d.C. interessarono un incontro gladiatorio nella città di Pompei.
Alfaterna Nuceria, la vecchia Nocera, aveva ricevuto dei terreni per la rifondazione della colonia in epoca neroniana, e gli ex-proprietari pompeiani non erano stati troppo contenti: confische e assegnazioni erano la politica quotidiana per i Romani. Con le colonie, romane o latine che fossero, ci si assicurava la fedeltà attraverso il diritto, e il diritto principale di base era la terra: bene primario soprattutto da queste nostre parti, dove il suolo vulcanico assicurava raccolti più abbondanti e più numerosi, e la terra più facilemente lavorabile.
Dunque, ai Pompeiani di perdere quei terreni non sarà proprio andato giù, e ovviamente altre ragioni politiche avranno soggiaciuto all'episodio della rissa pompeiana: nel 59 d.C. anni dopo i fatti legati alla terra dunque, scoppia una terribile guerriglia urbana, diremmo, dentro e fuori lo "stadio" in cui si tenevano i giochi.
dettaglio della rissa
Nuceria, l'antica fondazione etrusca, poi a capo della temibile Lega Nocerina che tanto filo da torcere aveva dato a Roma stessa, e terra natale anche di personaggi importanti come quel Nenio Balbo che a Ercolano rifece daccapo la veste  di moltissime opere pubbliche in un'ascesa da tribuno della plebe a fedelissimo di Ottaviano, non era certo meno rancorosa. Lo scontro ci fu quindi allo "stadio"; morti e feriti non mancarono nè fuori nè dentro l'anfiteatro e ce lo racconta Tacito:  "dapprima si scambiarono ingiurie con l'insolenza propria dei provinciali, poi passarono alle sassate, alla fine ricorsero alle armi, prevalendo i cittadini di Pompei, presso i quali si dava lo spettacolo. Furono perciò riportati a casa molti di quelli Nocera con il corpo mutilato per ferite, e in quella città parecchi fra i cittadini piansero la morte di figli e di genitori" (Tacito, Annales liber XIV, 17).
Lo scontro arrivò in Senato, come era ovvio accadesse, e Nerone di concordo decise di assegnare dieci anni di interdizione dei giochi e l'esilio ai fomentatori e, visto che ci si trovava, persino al senatore organizzatore, certo avversario politico.
L'interidizione dall'anfiteatro si ridusse a due anni grazie all'intervento di Poppea Sabina, la seconda moglie di Nerone, che da quelle parti aveva la splendida villa suburbana omonima -o che le si attribuisce- ad Oplontis (Torre Annunziata). Del resto anche a Pompei non mancavano le proprietà di famiglia: la Casa degli Amorini Dorati era della gens Pompea, legata a Poppea.
E dunque un'intercessione matronale ridusse le pesantissime sanzioni comminate agli spettatori e ai responsabili "ultras" dei ludi gladiatori che si erano trasformati in una carneficina e in guerriglia urbana senza quartiere.
Non mi sembra che gli avvenimenti di due giorni fa siano diversi o forse solo in un fatto:  almeno gli scontri tra Nocera e Pompei avevano solide ragioni e non una coppa.
Se era inevitabile giocare la finale di questa Coppa Italia, mentre un ragazzo di trent'anni era messo in coma da un criminale interdetto già dallo stadio, ma evidentemente in grado di fare guerriglia, Napoli piange la pessima figura di quel Genny 'a Carogna, personaggio stadio-dantesco che ha un curriculum e un pedigree che parlano da soli. Ora, che lo Stato abbia trattato o meno, non interessa: quell'uomo tatuato non poteva stare sul cancello, e certo, non è men degno come il suo compare romanista macchiatosi di ben altro reato, di guidare i cori della curva.
Tesserini e tornelli, sequestri di bottiglie ai minori, poi... per vedere queste scene penose. Lo show va avani: non si può rischiare la guerriglia simil-Pompei, che peraltro a pensarci bene HA PRECEDUTO la partita di fatto, con tanto di ferito grave e pestaggi di ritorno dei Napoletani all'energumeno criminale che ora, ci raccontano i giornali, ha le gambe spezzate e qualche trauma cranico in più. 
"Con l'insolenza propria dei provinciali" scrive Tacito un paio di millenni fa, oggi ci tocca rivedere uno spettacolo che non ha vinti nè vittorie da cantare.
Napoli ne esce comunque umiliata, e con lei il bel calcio; attendiamo di sapere se il Senato e l'imperatoruncolo di turno, avranno lo stesso coraggio dei progenitori.
Insomma se Sparta piange, Atene non ride: la violenza come atto cieco non giustifica nè chi l'inizia, nè chi la prosegue. E francamente, a me, le due tifoserie come altre di questo vergognoso campionato, hanno abbondantemente dimostrato che panem et circenses, "pane e giochi del circo,  sono all'ordine del giorno.
Ricevitorie e centri scommesse di dubbia fama iniziano a popolare ogni angolo; campionati venduti, diritti televisivi che spostano partite ad ogni ora, e risse sempre più violente...quali valori porta questo calcio, quale vittoria di cosa questa coppa, mi sfugge.
E così mi pare che sia di tutti e anche mio, il motto un pò trasformato della casa dei Dioscuri « O Campani, siete morti insieme ai Romanisti in quella vittoria ».




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