Luigi, De Filippo. L’ultimo della dinastia.



Luigi e Peppino De Filippo




Figlio di Peppino, nipote di Eduardo e di Titina, cugino di Luca. Dici #DeFilippo a Napoli, e invochi il nome stesso del teatro. E’morto oggi a Roma, l’ultimo attore della dinastia partenopea del ‘900. Nato a Napoli nel 1930 e che, appunto tra Roma e Napoli, ha visto svolgersi le vite della grande famiglia del teatro partenopeo: liti, riconciliazioni, drammi personali e lavorativi, ma soprattutto tanti capolavori che tutta la famiglia De Filippo, ha creato partendo da Napoli.

Mentre Recitava Napoli milionaria, nel 1972 al teatro San Ferdinando che aveva restaurato a sue spese dopo la guerra, Eduardo si accorse che seduti fra il pubblico c’erano il fratello e il nipote. E fu proprio Luigi a consigliare il padre di andare a vedere lo zio, dopo la furibonda lite al teatro Diana trai due nel 1944. Eduardo così, alla fine del primo atto si fermò, e invitò a salire sul palco fratello e nipote e li abbracciò davanti a tutti. Finirono all’osteria quella sera, almeno momentaneamente, le lunghe lotte trai fratelli dell’arte del teatro di Napoli, come lo stesso Luigi ci ha raccontato nelle interviste.
Luigi De Filippo esordisce nel 1948 grazie a Eduardo (intervista ottobre 2016), e impara a suonare il piano grazie a Titina. Titina che quando si ammala di cuore, diventa una poliedrica pittrice, e la sua prima mostra a Parigi, gliela presenta nientemeno che Jean Cocteau. Luigi nelle interviste che ha rilasciato negli anni, è stata una preziosa memoria: ha raccontato senza prendere mai le parti, ma con grande affetto, le liti dei due fratelli e le loro personali differenze e visioni. Ha dedicato il Parioli di Roma al papà, nel 2011, che oggi è appunto il Parioli-Peppino De Filippo. Ha recitato fino all’ultimo, e in gennaio ancora in “Natale in Casa Cupiello” dello zio, e proseguito nella scrittura teatrale la lunga avventura della sua dinastia. Ha avuto parole di stima per il cugino Luca, e per tutti. Con lui si chiude il cerchio di una immensa tradizione e rimane vivo invece il patrimonio culturale non solo napoletano, ma della intera cultura italiana che i De Filippo hanno creato.
Nessuno può sapere davvero cosa nasconda una famiglia, specialmente quella che nasce da una pesante eredità di “doppia famiglia” partenopea: #EduardoScarpetta e i suoi figli naturali e legittimi, le lotte delle moglie, le soluzioni, le eredità, le estati divise e i pranzi allargati…temi su cui esistono fiumi di libri ed articoli. E’ bello invece ricordare oggi, attraverso le parole dirette dei protagonisti la loro realtà umana, per quello che possiamo capire di due grandi.
I De Filippo e Luigi Pirandello
Senza i drammi personali, la fame, l’ingegno e la genialità dell’arte, i successi e le sconfitte -mescolati a tutta la gamma possibile di grandezza e miseria umana- non avrebbe alcun senso il teatro.
Nelle parole di Peppino e di Eduardo, scritte nelle lettere che ci restano, le differenze e le sofferenze di una famiglia geniale fino alla fine. #Teatrale, nella vita e nel lavoro, fino alla fine.

“Caro Eduardo,
se veramente, come sempre hai detto e fatto credere, io ho rovinato e potrei ancora rovinare i tuoi proponimenti artistici tenendoti ancora a me legato, dimmela francamente e con tutta sincerità; per quanto quella sincerità sia cruda, dolorosa e offensiva, come tu sai essere quando vuoi esserlo, io non farò che rispettarla e lasciarti libero della tua vita. Se al contrario credi che io possa ancora studiare con te e lavorare con te come ai nostri antichi tempi, non aspetto che una tua buona parola e ancora una volta saremo uniti nel nostro lavoro con lena e fiducia. Se ho tentato di farti riappacificare con nostra madre, che da parecchio si sente offesa del tuo distacco e ne soffre, il mio non è un gesto di "viltà" come tu lo hai giudicato, no! L'avvicinarsi del Natale ha fatto nascere in me l'idea che forse l'atmosfera natalizia ti avrebbe fatto accettare la mia proposta di accontentare comunque nostra madre, che tra l'altro è noto ha un particolare affetto per te e le tue cose. Ora che stiamo per separarci nulla voglio trascurare perché i nostri rapporti tornino normali e logici. Se credi che un chiarimento possa giovare definitivamente, sono pronto a discutere su tutto con animo di artista e soprattutto di fratello.

Peppino”
 (2 luglio 1942)

La lettera di Eduardo De Filippo a Peppino
“Caro Peppino,
ti pare che dopo quanto è accaduto fra me e te, dopo anni di veleno amarissimo... un semplice colpo di spugna può cancellare dal mio animo l'offesa e il risentimento? Tu dici: "Siamo fratelli". Certo. E chi più di me ha saputo affrontare e comprendere questo sentimento? Credi che tu da estraneo avresti potuto infliggermi le torture morali che sistematicamente, minuto per minuto, mi infliggevi? L'amore fraterno è un sentimento da asilo infantile, credi a me. Fratelli si diventa dopo di avere guardato nell'animo di una persona come in uno specchio di acqua limpida... Scusami, ma io guardando nel tuo animo, il fondo non lo scorgo. La tua lettera è troppo ingenua. lo voglio tenderti la mano, ma con un chiarimento esauriente, onesto, sincero. Se tu mi vuoi bene come ai primi tempi della nostra miseria, vuol dire che nulla puoi rimproverarmi... mentre io, e questo è il mio più grande dolore, non ti voglio bene come allora: ti temo... Scusami se ti ho parlato così, ma è la maniera migliore per far diventare uomini due fratelli, e fratelli due uomini. Parto domani per un periodo di riposo. Puoi trovarmi al Parco Grifeo 53. Il portiere ti potrà dire dove sono. Ti vedrei volentieri.
Eduardo”
 (7 luglio 1942)

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