Il cavallo di bronzo di Donatello a Diomede Carafa: un impegnativo dono

per l'immagine grazie: Ciro La Rosa
La testa del cavallo di Diomede Carafa è tornata a casa restaurata, seppur nella versione copia di argilla che sostituì dopo la donazione degli eredi (1809) quella originale in bronzo. Completato il restauro, la copia è stata riposta al suo posto, nel cortile della dimora rinascimentale dei Conti di Maddaloni, in via San Biagio dei Librai. Nel 1471 la protome equina fu inviata a Napoli, opera di Donatello incompiuta per quel monumento equestre che Alfonso il Magnanimo non fece in tempo a farsi erigere per la splendida porta del Castel Nuovo. La regalò nientemeno che Lorenzo de' Medici a Diomede Carafa; oggi lo sappiamo dopo gli studi del prof. Francesco Caglioti.
- La famiglia di Diomede Carafa, conte di Maddaloni.
Caterina Farafalla dell'antico seggio di Portanuova era la mamma di Diomede; il papà quell'Antonio Carafa, detto Il Malizia, che del consiglio regio della regina Margherita di Durazzo faceva parte, e proseguì l'impegno con re Ladislao da cui fu ringraziato ampliamente con concessioni di terre e rendite, e continuò la sua carriera diplomatico anche con Giovanna II. Anzi, riuscì con missione diplomatica specifica a convincere il futuro Alfonso d'Aragona ad essere adottato da Giovanna II. Per la sua bravura, ottenne al solito, terre, castelli e il titolo di "familiare" e "siniscalco" della Regina, ovvero, un quasi parente al servizio intimo della corte dei Durazzo. Nel frattempo riceveva altri omaggi da Alfonso futuro re di Napoli: il doppio fronte delle alleanze paga sempre. Quando le cose si misero male tra la regina e Alfonso, il Malizia non ebbe dubbi: avrebbe appoggiato gli Aragonesi, e Diomede seguì Alfonso d'Aragona nella lotta. Il Malizia morendo nel 1437 lasciò nel testamento una ben chiara indicazione che più o meno diceva: "restate fedeli all'Aragonese come io ho fatto per 17 anni". Allora Diomede aveva circa 20 anni, e seguì perfettamente l'ordine paterno. 
- L'ottima politica di Diomede Carafa
L'essere a fianco della presa di Napoli il 2 giugno 1442, passando o per l'acquedotto o combattendo nelle strade, per la vittoria finale di re Alfonso contro gli Angioini gli procurò la fedeltà necessaria alla carica di revisore dei conti o potremmo anche dire ministro della finanza del Regno Aragonese. Diomede Carafa, quindi già di mestiere ufficiale e uomo di armi al seguito dei piani del padre, divenne poi  "scrivano di razione" di Alfonso il Magnanimo: era uomo di guerra e cultura, vero umanista e dotto rinascimentale; ma soprattutto come mestiere, teneva i conti della corte e dell'esercito. Era una potenza.  Divenne col tempo, oltre che titolare di feudi e responsabile delle collette sul sale, abile diplomatico e persino il precettore di Ferrante il figlio bastardo del re,peraltro l'unico possibile alla successione. Nemmeno a dirlo divenne suo "scrivano di razione" e anche amministratore dei beni. Ricordiamo brevemente anche la sua carriera di letterato, attraverso i memoralia che scrisse, da perfetto uomo di corte e diplomatico, di cui ricordiamo Il Memoriale sui doveri del principe(1476) e il Trattato dello optimo cortesani (1479ca).
Le teste Carafa e Medici-Riccardi a confronto (dal web)
L'apoteosi di Diomede Carafa.
L'apoteosi di Diomede, fu simbolicamente rappresentata dal suo palazzo: quello dal bugnato giallo e grigio, col portale dichiarante fedeltà al re, costruito ampliando con acquisti immobiliari nell'area delle proprietà paterne e finito almeno nel 1466. In quel palazzo alla maniera antica (peraltro con chiari riferimenti vitruviani) passarono i Medici, Leon Battista Alberti, Filippo Strozzi... personalità che stavano facendo il mondo di allora, perchè costruivano quell'idea e quella pratica del Rinascimento che ebbe Firenze come centro propulsore. Grande posizione aveva la famosa testa del cavallo nel cortile-lapidario antico; dopo la morte del Maestro Donatello (1466) grazie ad un dono del Magnifico espressamente diretto a Diomede, nella lettera del 12 luglio 1471, Diomede ringrazia Lorenzo della testa equina, e lo avvisa di averla messa a destra dell'ingresso del palazzo, cosicchè la possano vedere tutti. 
Dopo la morte di Piero de'Medici (1469) i rapporti con la corte napoletana si erano freddati, tanto che la banca dei Medici verrà aperta solo nel 1471, e solo nel 1479 abbiamo il definitivo viaggio di Lorenzo de'Medici a Napoli. Nel mezzo, Diomede Carafa, riceve la protome equina; nella lettera Diomede ringrazia Lorenzo del dono: " de che ne resto tanto contento quanto de cosa avesse desiderato" , ovvero "come se l'avessi desiderata io stesso". Chissà se re Ferrante ha veramente mediato la cosa, o il potere indiretto di Diomede, quasi vicerè di Napoli, percepito da Lorenzo, ebbe nel dono della testa un presente che lo legava al Magnifico, impegnandolo in ben altri disegni. Certo è che il Palazzo Carafa di Maddaloni, che ebbe sempre aperte le porte permettendo la visione delle meraviglie antiche nel suo cortile, ebbe nella testa equina un preziosissimo regalo: il maestro Donatello, il sommo, che rappresentava il presente e il trionfo degli Aragonesi con Alfonso, stava tra le radici greche e latine delle epigrafi e delle spoglie che Diomede aveva radunato "certificandone che non solo de V.S. ad me ne sarà memoria, ma ad mei fillioli, i quali de continuo haveranno la S.V. in observancia et serannoli obligati extimando l'amore quella ha mostrato in volere comparere con tale dono et ornamento alla dicta casa". 
Insomma scrive Diomede: mi casa es tu casa, Lorenzo (il Magnifico). 







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