C'è da spostare una statua, passata la festa gabbato Giambattista Vico


Dieci metri di cartapesta per Giambattista Vico
Passata la festa, gabbato Giambattista. Siamo in tropicale luglio e la “statua” di Giambattista Vico (Napoli 1668 –1744) dopo i festeggiamenti del Maggio dei Monumenti per i 350 anni dalla nascita e relative iniziative, langue disfacendoci a brandelli, nel centro dello spiazzale della metropolitana di Piazza Municipio.

L’ aveva segnalata Maurizio de Giovanni all’inizio di giugno sul Corriere del Mezzogiorno definendo la “statua” in cartapesta di ben dieci metri, una rappresentazione così caduca, di materiale tanto poco nobile ancorché assai nobilmente costruita”. In effetti, a prescindere dai valori estetici del monumento su cui sorvoliamo in nome della celebrazione di un genio partenopeo, era naturale aspettarsi dopotutto il lento disgregamento della caduca materia. Non è nemmeno corretto chiamarla “statua”, visto che solitamente ci riferiamo a monumenti solidi in queste occasioni- bronzo o pietra che durino- ma piuttosto simulacro: un sembiante-avatar lontano anni luce dall’ispirare la solidità del pensiero vichiano.

Il basamento è sfondato, e mostra i pesanti blocchi di cemento che ancorano a terra il “mantellato mammone” Giambattista; il testo dell’epigrafe è ormai andato in frantumi dispersi dagli agenti atmosferici, rendendo illeggibile date e indicazioni del filosofo partenopeo.
veduta laterale per apprezzare
Di colossale comunque la statua ha avuto solo la proporzione, dieci metri piazzati lì, nel vuoto e assolato piazzale di pietra lavica che precede la metropolitana e l’approdo dei turisti appena sbarcati dalle navi. In onore forse dei tempi di Giovambattista, la statua è ispirata alla più barocca delle idee: un’essenza in materiale effimero in uno spazio metafisico assai, che sta lì a degradarsi per contrappasso al Signore delle idee solide e innovative della Scienza Nuova. Forse è arrivato il momento di rimuovere dal piazzale l’idolo vuoto di fatto e di senso, e magari preoccuparsi di tutte quelle targhe o statue che raffigurano il geniale pensatore amato da Benedetto Croce che sono sparse per la città e abbandonate: sarebbe davvero questo, oggi, l’unico onore da rendere al genio che partì da Cartesio per dire che non basta solamente pensare per essere, ma bisogna determinarlo con la scienza dei fatti. Ci saranno certamente altri luoghi metafisici pronti ad accogliere quel che resta del mammone-mantellato-Giambattista-di-dieci-metri, e per ora mentre aspettiamo, possiamo riflettere col Sommo che “Tutte le storie barbare hanno favolosi principii”.

Commenti

Post popolari in questo blog

I capolavori di Caravaggio per una passeggiata romana

Il mercato ittico di Luigi Cosenza capolavoro dell’arte è in vendita

Cento anni di dolce Remy a Napoli, capitale del gelato