Gli occhi del Corpo: McGregor all'Auditorium Niemeyer


Il ring dei nibelunghi della Company Wayne McGregor
Uno di quei temporali-tornado magnifici che piegava i maestosi pini e platani di #VillaRufolo, mentre le foglie cadevano in un irreale ritmo lento sotto le tremende gocce dell'acquazzone estivo, ha richiesto che lo spettacolo #Icons di #WayneMcGregor si spostasse giocoforza dal belvedere all' #AuditoriumNiemeyer  per il Ravello Festival 2018, 66esima edizione. Non tutto il male viene per nuocere: un imprevisto che ha messo a dura prova l'organizzazione, ha proposto una inedita consonanza con l'architettura contestata del genio dell' essenziale Niemeyer e la Company Wayne McGregor. Una scelta coraggiosa da parte della compagnia di ballo: rinunciare ad ogni progetto-luci, e danzare nel ring a luce fissa. Un altro anello wagneriano in cui mostrare la tenacia a corpo nudo, la ricerca del Graal senza appello; una scelta che ricorda quell'imperativo "Danza, danza, danza" che Pina Baush ha lasciato in eredità al mondo, senza altro comandamento che la scena pura del corpo.Nelle nitide e contestate architetture dell'auditorium-occhio, abbiamo così assistito all'iconografia contemporanea del corpo umano e del suo linguaggio.
"Icons", la miscellanea a più tempi, con narrazione serrata dal contemporaneo a Bach, col suo corpo di ballo meticcio di razze umane, al limite delle rappresentazioni di ogni #gender immaginabile, ha mostrato nudamente i corpi in contratture visive e dolcezze abissali: davvero splendido per la sua contemporaneità ed eterogea ricerca. Per anni Wayne McGregor ( nato a Stockport, Gran Bretagna, 1970)  ha lavorato nell'università di Cambridge nel dipartimento di psicologia sperimentale, impegnato nella connessione tra corpo e mente, lui così attratto dall'interazione con soma-tecnologia, tanto da creare coreografie #cyberanatomiche. Sotto quei fari impietosi, eppure decisivi, abbiamo assistito alle contratture corporee nell' Autobiography Edits e vette di dolcezza abissale per Woolf Work Duet con Alessandra Ferri e Federico Bonelli, splendidi amanti distanti e simbiotici, stretti in una danza trascinata dalle onde della coscienza dell'ultima lettera di Virginia Woolf, il 28 marzo del 1941, quando invocata l'infinita pazienza del marito Leonard, la scrittrice decide davvero di tornare "a casa", annegandosi con le pietre in tasca nel fiume #House. E Virgiania a Ravello è di casa: lei e Bloomsbury, nelle estati che vanno dal 1905 fino alla Guerra. E che dire di "Bach Form" dove i corpi si fanno martelletto, mano destra e sinistra della partitura visiva, in una suite barocca delle forme? La lingua del corpo contemporaneo, senza parola alcuna, mostrata nelle sue ricerche più attuali, dai ritmi spezzati come certe partiture dell'architettura barocca, senza ragione altra che la meraviglia della tensione visiva.
L'Auditorium Niemeyer, il meglio lo concede di notte
Uno spettacolo da vedere e rivedere, riflesso dall'angolazione in cui sedevo, dai vetri nimeriani scuri, senza disturbo alcuno ma in replica di materia impalpabile. E la musica, specie quella contemporanea fatta di striature auricolari e urli sommessi, forse si sarebbe perduta nella grandiosità del paesaggio del belvedere affacciato sul mare. Puri, senza artificio, con uno spettacolo messo a dura prova dagli elementi, ma elemento del paesaggio visivo dell'onirica Ravello, Icons coi suoi protagonisti, ha portato la silenziosa musica dei movimenti del corpo nel giardino nero senza fondo, quello dell'immaginario contemporaneo.

Al Direttore Artistico, #LauraValente, va il merito di aver scelto coraggiosamente il limite estremo della comunicazione più complessa: il corpo che racconta senza parola, perché nell'ordine del mondo, prima vennero gli occhi e poi la parola.

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