Chi insaguina il mare, sversa coscienza (il Sarno arrossato)

Qualche giorno fa, la foce del Sarno è diventata rosso sangue, ma sangue non era.
Qualche momento di caos, fotografie, il Mattino pubblica la notizia, ore di latenza e shoch, poi si è capito che in qualche punto del Sarno, qualcuno aveva sversato una sostanza rossa: il rivo San Marco a Castellammare, si è scoperto, aveva ospitato la tranquilla immissione di quel colore. "Qualcuno" per incoscienza -pare si sia trattato di un semplice barattolo caduto, si sono giustificati!- aveva pensato bene di diluirlo con acqua e gettarlo semplicemente nella fogna. 
Il barattolo doveva essere piuttosto grande: eppure, si sono difesi... con  la percentuale di diluizione alta.
Il Sarno però si arrossava già anche di pomodoro, delle sue scorze e del rosso succo, altro inquinamento di non poco conto; e che strana combinazione questa della vernice: il Sarno non si tinge che di rosso colore, a prescindere dalla sostanza sversata.
Il fiume è lungo 24 km, attraversa ben 38 comuni, tra le provicne di Napoli, Avellino e Salerno: questa la sua condanna di frazionamento, e la mancanza di una visione unitaria. Pesticidi, insetticidi, erbicidi, funghicidi a cui si aggiunge, e, nel tratto di Nocera, anche la questione urbana degli scarichi: un milione di abitanti gravita su questo fiume, quello che dà il nome alla popolazione autoctona campana, i Sarrastri. Quelli che presero un pò dagli Etruschi e un pò dai Greci, e vivevano in un ambiente palustre, alle soglie dell'Età del Ferro.
Comunque,  non è bastato commissariare il fiume decenni fa: troppi interessi, troppi abusi, troppo immobilismo della politica.  Che sia tristemente il fiume più inquinato d'Europa lo sanno ormai tutti.
Per chi come me, ha scavato a Poggiomarino lo splendido villaggio di Longola, partecipando alle disavventure di uno dei siti archeologici più importanti d'Italia e trai più interessanti del mondo, è sempre un dolore vedere quelle contrade, che nel XV secolo erano popolose, invase dal caos di serre, depuratori, e progetti che stentano a partire. E il fiume rosso, di vergogna e disperazione.
Tutto nella valle del Sarno è caos, la belle e fertilissima terra, abbandonata e sfruttata, con poche eccezioni -come mi capitò di parlare con gli industriali di una nota marca di pomodori, che però preferiscono esportare all'estero: il Sanmarzano-doc.-autentico, infatti, non finisce sulle nostre tavole.
....persino i tentativi nel corso dei secoli per irregimentarne il corso, sono caos: il fiume, dal potente interramento, dovuto a diverse cause morfologiche e idrogeologiche, annulla costantemente il lavoro degli uomini.
Ma a quanto pare anche gli uomini lo stanno ripagando con l'annullamento...della propria identità.
Un popolo che perde la lingua perde ogni cosa, si diceva in una magnifica poesia; noi perdiamo la memoria, che è la base della lingua, aggiungo io. Scorze di pummarola o colori artificiali, al posto del plasma corporeo.
Così la colorazione rosso-sangue del colorificio, a quanto pare,  l'han prodotta per lavarsene le mani di un "barattolo" caduto a terra (che creatività!); i pomodori e i loro residui buttati nel fiume con la cui acqua crescono -!-  non sono che un artificiale sostituzione di scarto del fluido di un popolo che ama definirsi sanguigno, ma che ha perso attaccamento alla sua terra, alla sua radice mitica, e vaga in una nuova terra desolata, la landa dell'arricchimento, e dell'inciviltà barbarica dello sversamento di coscienza. 



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