Epigrafonia: la musica scritta sopradentro le pietre di Napoli.

Epigrafonia, letteralmente la musica sopradentro le pietre.
Agathodaimon di Pompei, innocuo Vesuvio.
Si dà il caso che le nostre pietre siano particolari: di tufo e piperno. Come potete immaginare, emettono suoni diversi: il tufo si scava ed accoglie dentro-sotto, il piperno resiste dentro-fuori: Napoli sotterranea, e le presunte melodie incise sopra il bugnato del Gesù Nuovo, sono due esempi.
Ma la musica della memoria è ancora più antica: l'antro della Sibilla, o presunto tale. Le grotte di Seiano, e i mitrei e...rifugi, ipogei catacombe, Fontanelle (una cosa a sè), cave, terresante...
Ma qual è la musica che si ode? L'epigrafonia delle pietre ha a che fare con la memoria.
Come le celesti sfere di Plutarco, s'odono melodie armoniche di fequenze strane e ancestrali legate alle Sirene, e
poichè le cose del mondo sono tutte collegate, il sotto e la morte e l'attraversamento dell'Ade, ci riguardano da vicino: ma non con maciullamenti idioti da mostrare sul web per "smuovere coscienze"(come sventolare un santino per parlar di fede).
- Si smuove un sasso, non una coscienza. 
Quando abbiamo chiuso l'antro della Sibilla, qualche mese fa, perchè ci sono stati dei crolli,  non abbiamo percepito il pericolo dell'oblio: abbiamo un nastro di transenna alla gola. Visivamente parlando, un monito da terremotati interiori.
Cuma ci ha avvisato: a franare non sono le pietre, vi sbagliate. E' un popolo senza memoria che non le ode più, e che è condannato a morte certa; cadono i calcinacci di belle decorazioni dai monumenti, e uccidono un quattordicenne.
Le lievi foglie di Virgilio e l'unico dischetto di Hera ritrovato negli scavi di Cuma, dicono che non è un caso, che il consulto non si può ripetere;
la profezia d'altronde c'è stata. 
Ripetere d'altronde è legato alla memoria: senza il ricordare, ogni azione è condannata all'eterna ripetizione di sè, come l'errore, e come eterno tentativo di Sisifo. Oltre al pollice opposto che ci distingue geneticamente dalle scimmie, ci vuole memoria.
Quella è da smuovere, perchè non è un sasso, ma la sua musica.
Obnubilati da tanta possibilità di memora -compriamo giga ogni giorno, dai telefoni alle macchine fotografiche- siamo pur condannati, come umani, a non perderare questa memoria dell'Eden.
Come mettere un tera (terabyte, unità di misura) senza accedervi mai più: questa non è memoria, ma massa informativa. E infatti tera ( τέρας ) in Greco antico è, significa mostro, portento, prodigio...nella dualità significante greca, l'oscillazione tra bene e male. Come monstrum, da mostrare, alla latina: che vuol dire anche prodigio ( monstrum vel prodigium dicevano gli Antichi).
Ma tornando a noi, l'epigrafonia è un dolce suono che si ode, quando cessiamo di avere risposte certe, osserviamo le pietre e interroghiamo la memoria.
Teratorologia contemporanea (τέρας “mostro, prodigio, segno ” e λόγος “discorso”).



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