Il capolavoro ritrovato del Santacroce: solstizio fortunato

Il S.Giovanni del Santacroce, inizi 1500
Nei giorni della festa del santo, è tornato a Napoli dopo 41 lunghi anni, il rinascimentale San Giovanni Battista di Girolamo Santacroce, meraviglia scultorea ricollocata ieri nella chiesa di San Giovanni a Carbonara dopo un rocambolesco furto e un recupero altrettanto avventuroso.


Della pregevole scultura in marmo di San Giovanni Battista degli inizi del 1500, avevamo solo una vecchia foto e la denuncia del furto perpetrato da ignoti nel lontano 1977 nella splendida Cappella Caracciolo da Vico: persino le misure reali ci erano sconosciute e hanno creato non poche difficoltà per il suo riconoscimento. L’opera era stata sottratta dalla nicchia dell’altare in cui faceva il paio accanto all’altrettanto pregevole San Sebastiano del Santacroce, incorniciando il superbo rilievo con l’Adorazione dei Magi di Bartolomeo Ordognez. Ieri, il Tenente Colonnello Nicola Candido del Comando dei Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale, ha raccontato del rinvenimento operato due anni orsono grazie al monitoraggio di un “soggetto della provincia di Lucca” che aveva illegalmente trasferito la statua a Montpellier e di lì, “di soggetto in soggetto” la scultura era arrivata in Belgio. Grazie alle tenaci indagini del Maresciallo Simone Salvatore e al Sostituto Procuratore di Roma dott.ssa Tiziana Cugini congiuntamente con l’Interpol, dopo una lunga trattativa non semplice con l’antiquario belga, la scultura è tornata in Italia restaurata a Roma grazie a Luciana Festa, Flavia Vischetti e Nicola Pagani.
 C. stampa a S.Giovanni a Carbonara, al centro il Tenente Colonello Candido
L’opera appartiene alla più pura temperie europea del Rinascimento, come ben ha raccontato il prof. Riccardo Naldi dell’Università Orientale, autore di una biografia su Girolamo Santacroce, mentre il Direttore dell’Ufficio Beni Culturali della Chiesa di Napoli, padre Eduardo Parlato e il parroco di S. Giovanni a Carbonara Ciro Riccardo, hanno accolto con entusiasmo il ritrovamento sottolineandone l’unicità e la frontiera turistica che la splendida chiesa di re Ladislao rappresenta per Napoli. Al coro unanime si sono uniti il Soprintendente Arch. Luciano Garella -Archeologia, Belle Arti e Paesaggio di Napoli e Provincia- e la funzionaria dott.ssa Ida Maietta, tutti palesemente emozionati per il ritrovamento: il San Giovanni di Girolamo Santacroce nei giorni della sua festa, rappresenta un pezzo fondamentale del Rinascimento partenopeo; il giovane napoletano Girolamo Santacroce trai 15 e 20 anni lo aveva realizzato recependo in pieno la lezione dei grandi dell’epoca, Donatello in testa. Scomparso troppo precocemente a 35 anni nel 1537, Giorgio Vasari che aveva tanto criticato i napoletani per il loro gusto un po’ troppo retrò rispetto alla “maniera nuova” ne scrive meraviglie, citando proprio il nostro San Giovanni: “E Girolamo vi fece di tondo rilievo in una nicchia un San Giovanni, nel quale egli mostrò per la concorrenza non esser minore e di animo piú securo, et in tale opera tanto con amore operò, che salito in alto crebbe molto di grido”.
La nicchia del S.G. vuota come non sarà mai più
Con questo rocambolesco ritrovamento tra antiquari e mercato nero, si compie un piccolo miracolo: il prof. Naldi, ha confessato infatti che avrebbe scommesso sulla riapparizione della statua nel mercato statunitense tra una sessantina di anni, quando, scaduti i 100 per i termini di Legge, non sarebbe più stata possibile alcuna restituzione legale. E invece, grazie alla tenacia delle indagini e alla caparbietà delle Istituzioni, possiamo tornare a vedere nella cappella del marchese di Vico un tassello fondamentale per la storia del Rinascimento di Napoli, che unitamente alla coeva Madonna con Bambino che sarà restituita il 22 giugno dai Carabinieri del Nucleo Tutela Patrimonio Culturale di Napoli, grazie alle indagini del Comandante Giampaolo Brasili, testimonia il lavoro paziente e indispensabile dell’Arma. Nella cappella del Marchese da Vico, capolavoro di Bartolomeo Ordognez e Diego de Siloé, lavorarono i più grandi nomi del ‘500 partenopeo sotto l’ispirazione bramantesca e più in generale delle tendenze rinascimentali: tra Spagna, Firenze e Roma, Napoli ebbe una sua propria e originale stagione artistica che il San Giovanni testimonia pienamente. Non resta che goderci il capolavoro giovanile del Santacroce che se fosse vissuto più a lungo, come ci tiene a sottolineare il contemporaneo Giorgio Vasari, sarebbe stato il più grande scultore del suo tempo: “sí come egli aveva vinto i suoi compatrioti, cosí ancora avesse a superare ogni altro artefice del mondo”.

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